Mai prima d'ora il rock era stato rivisitato come lo ha fatto il The Cinema Show Quartet, formazione strumentale e che ha rinnovato uno stile rendendolo attuale e del tutto originale.
Composto da Luca Rizzo (sassofoni), Flavia Ostini (contrabbasso e basso elettrico), Riccardo Colasante (batteria) e il pianista, compositore e arrangiatore Paolo Bernardi, il The Cinema Show Quartet è un quartetto strumentale che riporta nel nome scelto le radici di un passato che ha nella musica da film la più parte della sua produzione. Partendo da qui, ovvero dal cinema e quindi da tutta quella musica che fa da cornice ad uno sfondo ad una storia, nasce anche quella di una band che prende coscienza delle proprie capacità di fare rivivere un' emozione, traendo spunto da tutte quelle sensazioni che le parole di per sé non riescono a trasmettere e lasciando il dovuto spazio alla musica. Musica che si serve di strumenti molto diversi tra loro e spesso rari nel rock e le cui contaminazioni, ci riportano in territori inediti per un rock classico e che ci immergono in una trama infinita di sperimentazioni. Quello che attraversiamo non è più quindi solo rock, si tratta infatti di direzioni e strade intraprese sul finire degli anni '60 e poi amplificati si con il tempo e nel decennio successivo, arrivando poi, negli anni ' 80 a creare generi diversi come la new wave. Un tragitto mai continuo e mai uniforme ma in continua evoluzione verso nuove strade, nuove vie e nuove traiettorie. Una linea discontinua che nel suo intercedere ha creato nuovi scenari esplorati in ogni angolazione, un movimento in continuo progredire definito per questa ragione 'progressive'.
Ed è proprio nel rock progressivo che inizia la straordinaria avventura del The Cinema Show Quartet, che riprendono un genere per rivisitarlo ma, soprattutto per approfondirlo, ritraendone il movimento e riportandolo nella loro produzione. Un genere che, ad un certo punto, ha intravisto nella sperimentazione, la straordinaria possibilità di creare suoni nuovi ed inediti. Sono gli anni ’70 ed è il periodo in cui, il rock diventa chiave di lettura intimista, in cui i testi trattengono messaggi profondi che soltanto un suono così elaborato può trasmettere. Tale musica “progressista” … tale suono in continuo “fieri” diventa contaminazione di generi svariati, approccio poi perseguito nei decenni successivi non solo dal rock e che imposta numerose vie alternative che danno seguito a nuovi stili musicali. Un rock che vede in band come Pink Floyd, Yes e Genesis, i suoi migliori rappresentati, per quanto riguarda il territorio inglese, ma che ha interessato anche la musica d’oltreoceano e, non da ultima anche l’Italia.
Il quartetto ha racchiuso nell'album di esordio tutto questo, non trascurando la produzione originale, con alcuni brani inediti che compongono 'Fugue to Heaven', il primo album del The Cinema che valorizza appieno lo scenario internazionale del rock progressive con un riguardo particolare anche per la scena italiana. Quindi, insieme ai già citati Pink Floyd- presenti con un suite che racchiude insieme Atom Heart Mother-Marooned e The great gig in the sky; in “Fugue to Heaven” abbiamo anche i Jethro Tull con la loro Bourèe, e Jon Lord (tastierista dei Deep Purple) con la sua Sarabandee, immancabili, i New Trolls, presenti con un omaggio al celebre Concerto Grosso. Un disco, “Fugue to Heaven” che mette in risalto fin dalle scelte artistiche, la valorizzazione di un modo nuovo di proporre e suonare, ma, soprattutto, di ascoltare musica.
“Alcuni giovani musicisti di estrazione rock sentono il bisogno di progredire il loro linguaggio musicale. Per farlo, attingono al folk, al jazz, alla musica classica e alle avanguardie musicali. Anche la scelta strumentale si diversifica dalla classica formazione rock, Il risultato è stato la nascita di una musica che si allontana decisamente dal rock ‘n’ roll delle origini e dal beat degli anni ‘60 […]. Non più musica come svago, ma composizioni articolate che richiedono una particolare attenzione da parte dell’ascoltatore…”
Scrive a tal proposito il maestro Baldi, il quale, oltre a curare le note di presentazione dell’intero progetto discografico, ha anche portato un ensemble formato da giovanissimi flautisti, i PER UN PUGNO DI FLAUTI, che hanno partecipato vivamente all’album con un paio di arrangiamenti, composto proprio dall'ideatore del progetto Paolo Bernardi.
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