mercoledì 11 agosto 2021

INTERVISTA A MICHELE DE MARTIIS

 



Con l’uscita del suo ultimo singolo “Siamo il seme” il cantautore Michele De Martiis conferma la propria identità musicale: disegnare i profili degli affetti umani mettendo in rilievo i valori che legano le relazioni. Lo abbiamo intervistato per parlare di questo e non solo…

Ben ritrovato Michele,

 Innanzitutto come stanno procedendo i tuoi progetti musicali in questo periodo che sembra di ripartenza, ma dove gli ostacoli sono ancora tanti da superare?

 

Sono al lavoro nella produzione degli ultimi brani dell'album. C'è ancora da fare, ma è un momento entusiasmante e di scoperta continua, durante il quale vedo prendere una forma definitiva quello che ho scritto, il potenziale diventare realtà.

Avrei voluto maggiori possibilità per esibirmi dal vivo, ma so che arriverà il momento giusto anche per quello.

 

 

 

Spiegando la genesi di “Siamo il seme”  hai detto di come la canzone sia nata sulle corde di una chitarra acustica per portarci a scoprire le pieghe nascoste delle relazioni umane: ti va di approfondire questo aspetto così intimo della tua musica?

Sai, ho sempre visto l'uomo come un animale sociale, destinato alla relazione più che all'isolamento. Forse anche per quella voce più o meno forte che ognuno di noi ha dentro e che ci porta a pensare di essere destinati a qualcosa di più. "Siamo il seme" canta la celebrazione del punto più alto di una relazione: nella solitudine del singolo ci si incontra, dalla relazione scaturisce la vita. Poco conta se tutto attorno a noi sembra andare in disfacimento, nella relazione di coppia vedo la possibilità per un nuovo futuro.

 

 

Hai anche dichiarato alla stampa di come nel brano tu abbia deciso di sperimentare un nuovo registro vocale mantenendo intatto lo stile nella scrittura del testo: come mai questa scelta? E’ stata motivata da una particolare esigenza espressiva?

Nel primo provino del brano, fatto a casa, di notte, avevo cantato in falsetto per evitare di scatenarmi contro le ire dei vicini. Una volta in studio, cantandola a voce piena mi sono accorto che si perdeva gran parte dell'intimità che c'è nel brano. Così, confrontandomi anche con Raffaele (il mio produttore), ho deciso di scommettere sull'intuizione del falsetto. Quello che canto in questo brano non voglio urlarlo al mondo. E' più una confessione. 

 

Nei singoli precedenti, si evidenziava già un'attenzione particolare per la sfera sentimentale ed emotiva, quanto bisogno c’è di tenere viva questa parte, la quale, il più delle volte, è quella che ci fa anche soffrire?

Per me è un bisogno fondamentale al sentirmi vivo. Ho bisogno di emozionarmi, incontrare, conoscere, provare curiosità e soddisfarla. E dare benzina a quel cortocircuito che si crea fra pancia testa e cuore. 

 

Come artista nasci da autodidatta, come sei evoluto poi musicalmente e quali sono le realtà che più influenzano il tuo stile?

Seguo da sempre il nuovo cantautorato italiano e tutti gli artisti che scelgono di dare importanza al testo dei loro brani. Con tanta umiltà, spero col tempo di riuscire almeno in parte a fare mia la maestria di un Fabi o un Bersani. Trasformandola in altro che sia identificabile come "il mio stile".   

 

Prima di salutarci, parlaci un pò dei tuoi progetti imminenti, singoli in arrivo, un album?

In verità ho già dei nuovi singoli pronti, ma ho deciso di non pubblicarne di nuovi fino a quando non sarà concluso il mio primo album. Ad ogni modo non sarà una lunga attesa: conto di riuscire a chiudere i lavori entro la fine dell'anno.

 

 

Sonia Bellin

 

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