E’ questo il tema centrale del primissimo album di Alessandro Calandra D’Andrea, cantautore siciliano e che , per motivi di lavoro, si è trasferito in Veneto ormai più di vent’anni fa. Radicato ormai nella provincia di Verona, il nostro Alessandro però, che ha imparato a suonare e scrivere da autodidatta, non ha dimenticato la sua terra d’origine a cui ha voluto dedicare un intero disco: dieci tracce che raccontano la Sicilia nel dialetto regionale. “La Sicilia manca da morire e forse è per questo che le mie canzoni appartengono al Folk Siciliano e le scrivo sempre nella Lingua Siciliana”, spiega l’artista in una recente intervista dove si è raccontato e dove ha illustrato il dietro le quinte di “Sicilai Vacanti”. Un album questo, che sembra scritto da un cantautore la cui confidenza nei confronti della musica è inequivocabile, eppure questo è soltanto l’esordio di Alesaandro D’Andrea Calandra che ricorda così i sui primi approcci alla musica: “La mia infanzia (anni ’70-‘80) l’ho passata a casa di mia nonna Carmela che era un’amante del Folk Siciliano Tradizionale: passavamo ore e ore ad ascoltare insieme ad altissimo volume la nostra Radio locale (di Agrigento), “Radio Concordia”, specializzata proprio nel genere Folk Agrigentino. È stato questo certamente a darmi l’imprinting Folk, dentro il quale ho inserito, certamente in modo naturale, le influenze degli ascolti fatti successivamente: Cantautori Italiani degli anni ’70-’80 e, naturalmente, il Pop e il Rock degli anni della mia formazione.”
Ma gli aneddoti riguardanti la formazione di Andrea e la sua passione per la musica che lo hanno portato a raccontare la storia del suo paese di origine con la musica e la lingua tradizionale non si fermano qui e, proseguendo con l’intervista, si intuisce quanto l’approfondimento del passato e dei retaggi culturali oltreché musicali, sia parte integrante di un progetto ad ampio spettro, che accoglie anche stili e tradizioni millenarie europee: Ho praticamente vissuto “in diretta” la musica prodotta sin dagli anni ’70 (periodo d’Oro, anzi, di Platino!) passando poi per tutti i periodi successivi. Inoltre ho voluto recuperare i “decenni perduti”, gli anni ’50 e ’60 che rappresentano il Papà e la Mamma della Musica che si produce e si ascolta ancora oggi. E poi, lo studio della batteria e del pianoforte mi hanno certamente fornito gli strumenti necessari per scrivere le mie canzoni. E, naturalmente, lo studio continuo, direi maniacale, della Storia Siciliana e delle Sue meravigliose Leggende che si sono narrate per millenni nelle diverse lingue dei Popoli che hanno vissuto in Sicilia. Diverse lingue e anche diversi stili musicali, musica araba e spagnola soprattutto, con nuances nordeuropee che poi si sono fuse in questo meraviglioso genere che mi dà l’emozione più piena e più totale.
Un mondo trasversale quello narrato da un artista che non conosce eguali nell’attuale panorama discografico italiano e che per questo, si contraddistingue per originalità ed iniziativa. Una storia che parte dalla terra natia di Andrea, ma che abbraccia poi l’intero paese per poi espandersi fino ai confini del mondo incontrando culture, lingue e tradizioni diverse. “Si parte da storie nate nella realtà siciliana, che è quella che io racconto, per poi, naturalmente, avere un respiro più universale.Nel brano “Danza Saracina”, ad esempio, immagino una jam session tra musicisti Arabi e musicisti Normanni, a Palermo, alla Corte dell’Imperatore Federico II. Due Popoli lontani per cultura e per credo religioso che si trovano fratelli nella Musica “quannu attacca ‘a musica ci avemu lu stessu Patri” (quando parte la musica, abbiamo lo stesso Padre). Un messaggio di fratellanza tra esseri umani, quindi, che parte dalla Sicilia per poi volare alto a ogni latitudine.”
Sonia Bellin
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